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L'avvocato distrattario può chiedere il pagamento della parcella anche al proprio cliente

  Pubblicato il 18 Nov 2016  11:10
Tribunale, Cassino, sentenza 21/06/2016 n° 867
 
In assenza di contestazioni da parte del cliente, le voci indicate dall’avvocato nel dettaglio delle attività svolte sono assistite da una presunzione di veridicità, in considerazione dell’iscrizione all’albo professionale. Il difensore, anche se distrattario, ha comunque diritto ad agire giudizialmente nei confronti del proprio cliente per il pagamento dei propri compensi.
In questa sentenza il Tribunale di Cassino affronta due interessanti questioni relative al rapporto fra cliente e avvocato; più specificamente, da un lato si pone il problema dell’efficacia probatoria del dettaglio delle attività svolte predisposto unilateralmente dal difensore, dall’altro analizza il rapporto fra difensore e cliente in caso di distrazione delle spese.
[qg_big] Il fatto
Si tratta di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto la richiesta da parte di un avvocato del pagamento del compenso per l’attività giudiziale svolta nell’ambito di un procedimento civile conclusosi con sentenza favorevole al cliente e con distrazione delle spese a favore del difensore.
La domanda
A fronte dell’azione monitoria promossa dall’avvocato, il cliente oppone il decreto ingiuntivo emesso da un lato contestando la correttezza dello scaglione tariffario applicato nella parcella e dall’altro sostenendo che, in caso di distrazione delle spese, l’avvocato dovrebbe agire direttamente (e solo) nei confronti della parte soccombente.
La decisione del Tribunale
Il Tribunale respinge l’opposizione in quanto infondata. In primo luogo, il giudice rileva che, a fronte dell’espressa non contestazione da parte dell’opponente delle prestazioni svolte, l’indicazione delle attività compiute contenuta nella nota inviata dal difensore è assistita da presunzione di veridicità. In secondo luogo, rileva che l’avvocato continua ad essere legittimato ad agire nei confronti del proprio cliente per il pagamento del proprio compenso anche in presenza di provvedimento di distrazione delle spese.
La sentenza in esame, per quanto sostanzialmente adesiva a consolidati orientamenti giurisprudenziali, offre ugualmente alcuni interessanti spunti di riflessione. In primo luogo, appare certamente condivisibile la presunzione di veridicità attribuita all’indicazione delle prestazioni svolte effettuata dal difensore nella propria parcella. Apparentemente condivisibile è anche l’affermazione secondo cui tale presunzione di veridicità deriverebbe dall’iscrizione all’ordine professionale dell’avvocato, iscrizione che ne garantirebbe la professionalità e la correttezza e che quindi consentirebbe di attribuire maggior fiducia alle sue dichiarazioni. In realtà, nonostante quanto affermato nella sentenza, la reale ragione posta a fondamento della decisione sembra rinvenibile essenzialmente nel comportamento dell’altra parte (ossia nella non contestazione da parte di quest’ultimo delle attività svolte); ben difficilmente il giudice avrebbe usato le stesse espressioni qualora il cliente avesse contestato l’indicazione fornita dall’avvocato.
Sarebbe bello pensare che l’appartenenza ad un ordine professionale sia garanzia di maggiore correttezza e attribuisca maggiore autorevolezza alle dichiarazioni dei relativi membri. Purtroppo la realtà attuale pare offrire segnali esattamente opposti, sotto entrambi i profili; le recenti innovazioni normative (fra cui in particolare la sostanziale eliminazione della vidimazione delle parcelle da parte degli ordini professionali) sostanzialmente impediscono di attribuire qualche peculiare efficacia alle dichiarazioni unilaterali del professionista. Analogamente l’aumento esponenziale del numero di iscritti negli ordini professionali ha fortemente ridotto la funzione deterrente che tradizionalmente è connessa ai vincoli deontologici derivanti dall’appartenenza agli ordini medesimi.
Pienamente condivisibile è l’argomentazione svolta dal Tribunale in merito alla distrazione delle spese di lite. Soprattutto in dottrina si è discusso sulla corretta qualificazione da attribuire alla posizione del difensore distrattario; è dubbio, cioè, se quest’ultimo diventi titolare di un vero e proprio diritto soggettivo autonomo rispetto a quelli oggetto di controversia. Tuttavia, posta l’indiscutibile autonomia della richiesta di distrazione, sembra corretto ritenere che il provvedimento di distrazione non determini né la creazione di un autonomo diritto soggettivo in capo al difensore né la cessione del credito stesso. Semmai, la figura del difensore distrattario può essere equiparata all’adeiectus solutionis causa o aldelegatario. D’altro canto, come dice il nome stesso (distrarre significa togliere da qualcosa che già esiste), si tratta non di una condanna autonoma e diversa, ma, più semplicemente, di una “diversa destinazione” della condanna già emessa in punto a spese di lite nei confronti della parte soccombente.
Aderendo implicitamente a tale ricostruzione (non del tutto coincidente con alcune pronunce giurisprudenziali, anche di legittimità), il Tribunale di Cassino ribadisce la sussistenza della legittimazione passiva del cliente relativamente ai compensi dovuti al proprio avvocato, anche in caso di distrazione delle spese; e ciò in considerazione dell’ulteriore (e dirimente) rilievo che tali compensi ben potrebbero essere maggiori rispetto a quelli liquidati dal giudice.
La decisione in sintesi
In assenza di contestazioni la nota del difensore contenente l’elencazione delle attività svolte gode di una presunzione di veridicità. Il difensore ha sempre il diritto di agire nei confronti del proprio cliente per il pagamento degli onorari anche in caso di distrazione delle spese
Esito della domanda:
Respinge l’opposizione e condanna al pagamento delle spese di lite