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RITO FORNERO - Improcedibile il ricorso in opposizione nel caso di mancata notifica nei termini di legge, il principio di ragionevole durata del processo

  Pubblicato il 31 Ago 2016  11:06
Con la recente sentenza n. 17325 del 25 agosto 2016 la Corte di Cassazione ha affermato che, nell'ambito del Rito Fornero, la mancata notifica del ricorso in opposizione nei termini di legge determina l'improcedibilità del ricorso medesimo.
La norma in esame è l'art. 1, comma 52, della legge n. 92/2012, secondo cui "il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato, anche a mezzo di posta elettronica certificata, dall'opponente all'opposto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione". 
In particolare, la Suprema Corte ha richiamato i principi già affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 20604/2008, che – innovando il precedente e prevalente orientamento - ha affermato il principio secondo cui, nel rito del lavoro, l'appello – così come l'opposizione a decreto ingiuntivo – pur tempestivamente proposti nei termini di legge, sono improcedibili ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell'udienza non sia avvenuta, in quanto non è consentito al giudice, alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata imposta dalla ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., comma 2, assegnare alla parte un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell'art. 291 c.p.c..
La Suprema Corte ha ribadito che la fase di opposizione non ha natura impugnatoria e, quindi, non costituisce un grado di giudizio differente rispetto a quello che ha preceduto l'ordinanza.
Tuttavia, tale procedimento è assimilabile al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, essendo entrambi volti a confermare e/o modificare un precedente provvedimento giudiziale emesso all'esito di una fase a cognizione semplificata, suscettibili di divenire definitivi nel caso di mancata opposizione.
Per tali ragioni, sussiste quindi anche nel caso di ricorso in opposizione nel Rito Fornero la ragionevole aspettativa delle parti alla stabilità del provvedimento giudiziale entro termini prefissati, certi e ragionevolmente brevi, coerente con l'interesse generale dell'ordinamento alla certezza dei rapporti giuridici.
In particolare, la Suprema Corte ha evidenziato che il c.d. Rito Fornero è stato disegnato con specifiche cadenze temporali ed una corsia di trattazione preferenziale, con il dichiarato fine, di interesse generale, di pervenire alla celere definizione di una situazione sostanziale di forte impatto sociale ed economico, che attiene a diritti primari dell'individuo, sicchè tanto più stringente deve risultare per le parti l'onere di rispettare i tempi assegnati e tanto più evidente risulta l'inammissibilità di comportamenti dilatori ingiustificati.
In merito alla compatibilità di tale soluzione con le norme costituzionali e sovranazionali, la Suprema Corte ha rilevato che il principio della ragionevole durata del processo, elevato a rango costituzionale dalla riformulazione dell'art. 111 Cost. ad opera della legge costituzionale n. 2/1999, costituisce il parametro per adottare un'interpretazione delle norme processuali funzionalizzata ad un'accelerazione dei tempi della decisione, conducendo a privilegiare opzioni contrarie ad ogni inutile appesantimento del giudizio, in sintonia con l'obiettivo perseguito anche a livello sovranazionale dall'art. 6 della CEDU di assicurazione una decisione di merito in tempi ragionevoli.
Il quadro costituzionale e sovranazionale orienta quindi verso la praticabilità di canoni interpretativi idonei a sanzionare le pratiche che, comportamento un abuso del processo, determinino un'ingiustificata dilatazione dei suoi tempi.