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Riscaldamento centralizzato: la Cassazione precisa le condizioni per il distacco

  Pubblicato il 07 Feb 2017  11:50
Cassazione Civile, sez. VI-2, sentenza 03/11/2016 n° 22285
 
Con la sentenza che si annota, la Suprema Corte torna ad occuparsi del distacco di un condomino dall’impianto di riscaldamento centralizzato.
Un condomino impugnava la delibera del condominio con la quale l’assemblea aveva deciso di non concedergli la possibilità di distaccare la sua unità immobiliare dall’impianto di riscaldamento condominiale. L’assemblea era giunta a tale decisione poiché il distacco avrebbe comportato un danneggiamento delle altre unità immobiliari sia sotto l’aspetto economico, che del rendimento del riscaldamento.
Il ricorrente eccepiva l’inefficacia del deliberato assembleare, poiché veniva ad essere violata la libertà individuale del condomino di ottenere quanto richiesto.
Il condominio si costituiva eccependo in primis l’incompetenza del giudice adito, sostenendo la competenza del giudice di pace e, in subordine, contestava le argomentazioni poste dal ricorrente, nonché la legittimità della delibera adottata dall’assemblea.
L’eccezione veniva accolta ed il processo veniva riassunto davanti al Giudice di Pace di Milano. Il condominio si costituiva richiamando le argomentazioni precedenti.
Il giudice di pace accoglieva l’impugnazione dichiarando la nullità della delibera sul punto relativo al distacco del riscaldamento e dichiarava il diritto del condomino di eseguire il distacco.
Con sentenza n. 8342/2014, Il Tribunale di Milano accoglieva l’appello proposto dal Condominio e, in riforma della sentenza impugnata, rigettava l’impugnazione della delibera azionata dal condomino e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, lo condannava anche al pagamento di €. 4.037,75 a titolo di risarcimento danni, oltre interessi legali.
Per il tribunale meneghino il condomino non avrebbe dato dimostrazione della sussistenza dei requisiti necessari per operare il distacco della sua unità immobiliare dal riscaldamento condominiale, ovvero che dal distacco non sarebbero derivati notevoli squilibri di funzionamento ed aggravi di spesa per gli altri condomini, non avendo provveduto a produrre alcuna relazione termotecnica.
Con unico motivo l’appellante ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza. Il ricorrente lamenta che il Tribunale non ha preso in esame un fatto decisivo per il giudizio. Sostiene, infatti, che non avrebbe considerato che la prova della sussistenza dei requisiti era nello stesso comportamento del condominio. 
Il distacco era stato effettuato dal precedente proprietario, l’amministratore ed i condomini ne erano a conoscenza e nel periodo interessato dal distacco non erano emersi squilibri di funzionamento, né aggravi di spesa per gli altri condomini. Il comportamento del condominio era prova, quindi, della sussistenza dei requisiti per il distacco.
Gli Ermellini osservano come l’art. 1118 c.c., come modificato dalla L. 220/2012, ammette la possibilità del distacco da parte del singolo a condizione che questi dimostri che non derivino notevoli squilibri al funzionamento dell’impianto o aggravi di spesa per gli altri condomini. In particolare, “il condomino che intende distaccarsi deve, in altri termini, fornire la prova che <dal suo distacco non derivino notevoli squilibri all’impianto di riscaldamento o aggravi di spesa per gli altri condomini>, e la preventiva informazione dovrà necessariamente essere corredata dalla documentazione tecnica attraverso la quale egli possa dare la prova dell’assenza di <notevoli squilibri> e di <assenza di aggravi> […].”
Assume particolare rilievo il fatto che la Suprema Corte l’aggettivo qualificativo “notevoli” debba essere riferito solo agli “squilibri” nel funzionamento dell’impianto, per cui il condominio sarà tenuto a sopportare quegli squilibri che non siano “notevoli”, mentre “gli aggravi di spesa” prescindono dalla loro consistenza.
L’onere della prova grava in capo al condomino che intende distaccarsi, salvo che l’assemblea lo abbia autorizzato “sulla base di una propria autonoma valutazione della sussistenza dei presupposti di legge”. Viene altresì specificato che “colui che intende distaccarsi dovrà, in presenza di squilibri nell’impianto condominiale e/o <aggravi> per i restanti condomini, rinunciare dal porre in essere il distacco perché diversamente potrà essere chiamato al ripristino dello status quo ante.”  La possibilità di concorrere al pagamento delle sole spese di manutenzione straordinaria, conservazione e messa a norma “è prevista solo per quei soggetti che abbiano potuto distaccarsi, per aver provato che dal loro distacco <non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini>.”
La Suprema Corte condividendo le motivazioni del Giudice d’Appello, che ha ritenuto immune da censure la delibera per non avere l’interessato dimostrato la sussistenza dei presupposti dell’art. 1118 c.c., rigetta il ricorso.
Il tema del distacco dall’impianto di riscaldamento condominiale in passato è stato trattato ampiamente dalla Suprema Corte e, ante L. 220/2012, si era consolidato il principio che, pur riconoscendo al condomino di poter rinunciare all’impianto di riscaldamento centralizzato “senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini”, obbligava costui “a partecipare a quelle di gestione, se e nei limiti in cui il distacco non si risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini” (Cass. civ., sez. VI, sentenza n. 5331/2012).
Il novellato art. 1118 c.c., salutato con favore da parecchi commentatori, se pur all’apparenza giuridicamente ineccepibile, in sede di pratica attuazione presenta non poche difficoltà, quasi insormontabili per il condomino che voglia avvalersi della possibilità di distaccare la sua unità immobiliare dall’impianto di riscaldamento condominiale.
Infatti, se da una parte viene “legittimata” la facoltà del condomino di poter rinunciare all’impianto centralizzato condominiale, dall’altra si discosta dal principio che si era ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, poiché appare poco praticabile un distacco senza che si verifichino “aggravi di spesa” per coloro che continuano a servirsi di tale impianto.
Come evidenziato nella sentenza in commento, in assenza di una autorizzazione dell’assemblea “sulla base di una propria autonoma valutazione della sussistenza dei presupposti”, in presenza di aggravi colui che intende distaccarsi  “dovrà rinunciare dal porre in essere il distacco perché diversamente potrà essere chiamato al ripristino dello status quo ante”. 
Una condizione questa che si differenzia notevolmente rispetto al principio giurisprudenziale consolidatosi ante L.220/2012. Infatti, in presenza di un condomino che si sia autonomamente distaccato, pur in assenza dei presupposti di legge, l’assemblea condominiale avrebbe giusti motivi per pretendere il ripristino, non più la partecipazione alle spese di gestione come consentito in precedenza!
Evidente, quindi, che colui che intende distaccarsi, prima di porre in essere il distacco, dovrà provvedere a dare comunicazione agli altri condomini, per il tramite dell’amministratore ex art.1122 c.c. trattandosi di intervento che sicuramente va ad interessare i beni comuni, corredando l’informativa con la documentazione tecnica redatta da un tecnico abilitato, comprovante o meno l’esistenza dei presupposti che rendono possibile la rinuncia all’impianto di riscaldamento centralizzato.
L’oggetto dell’informativa giustifica per l’amministratore anche la convocazione “senza indugio” di una assemblea straordinaria, corretto esercizio di una facoltà prevista all’art. 66 delle disp. att. c.c..
In quella sede, valutata la documentazione tecnica prodotta, l’assemblea potrà decidere nel merito ed autorizzare o meno il distacco, disporre per una ulteriore perizia come condominio, negare l’autorizzazione al distacco per assenza dei presupposti, condizionare il distacco all’accollo degli “aggravi” da parte del condomino che intende distaccarsi.
Va evidenziato che sarebbe affetta da nullità la delibera che vieti il distacco in presenza dei presupposti di legge, così come la nullità potrebbe essere eccepita per la delibera che autorizzi tout court il distacco o determini un concorso alle spese di gestione in misura irrisoria, non avendo provveduto alla loro determinazione attraverso una perizia tecnica.
Per il Tribunale di Roma la nullità discenderebbe dal fatto che verrebbe data autorizzazione ad “un intervento pregiudizievole per l’impianto comune e che ha aggravato, senza il consenso unanime dei condomini, la posizione di alcuni di essi” (Trib. di Roma, sentenza n. 8906 del 04/05/2016). 
Con gli obblighi introdotti con il D.Lgs. n. 102/2014, appare oggi poco appetibile il ricorso al distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato, posto che con l’installazione entro il 31 dicembre 2016 dei sottocontatori, il condominio è nelle condizioni di poter misurare l’effettivo consumo da parte di ogni singola unità e ciascun condomino può gestire l’erogazione del calore all’interno della sua unità, quasi come se fosse dotato di impianto termoautonomo.
Non va trascurato che il decreto prevede la ripartizione dei costi del riscaldamento, suddividendo l’importo finale in base alla norma tecnica UNI 10200.
Un richiamo che, attraverso la previsione di un “consumo involontario” e di un “consumo volontario”, ci porta a dover escludere che il condomino che intenda distaccarsi possa dimostrare che non vi siano “aggravi di spesa” per gli altri condomini.
E’ evidente, infatti, che la quota di “consumo involontario”, cui tutti i condomini sono chiamati a contribuire, trattandosi di consumo non dipendente dalla volontà del singolo, qualora il soggetto che si distacchi si ritenga esonerato dal contribuire, determinerebbe un aggravio di costi per i rimanenti condomini. 
In conclusione appare difficile ipotizzare un distacco senza “aggravi di spesa per gli altri condomini” e la previsione dell’art. 1118 c.c., come modificato dalla L. 220/2012, appare svuotato di quella che avrebbe dovuto rappresentare la “ratio” della norma, ovvero contribuire a ridurre il contenzioso in materia.
Al contrario, come già ho avuto modo di affermare a commento della sentenza n. 9526/2014 della S.C., nonché delle novità introdotte dal D.Lgs. 102/2014, per evitare il proliferare di nuovo contenzioso, la formulazione dell’art. 1118 c.c. sarebbe meritevole di essere rivisitata da parte del legislatore.