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Pubblicità telefoniche con chiamate mute illegittime anche senza l'opt-out

  Pubblicato il 25 Feb 2016  10:27
Cassazione Civile, sez. I, sentenza 04/02/2016 n° 2196
Sebbene sia consentito inviare informazioni commerciali nei confronti di chi non abbia esercitato il  diritto di opposizione mediante iscrizione della propria  numerazione nel registro pubblico delle opposizioni (cd. opt-out), non è consentito nelle telefonate senza operatore  (cd. telefonate con contatto abbattuto o "mute"), né in quello in cui l'utenza chiamata non risulti inserita in  uno degli elenchi cartacei o elettronici a disposizione  del pubblico (telefonia mobile).
Il caso
La questione è inerente le chiamate mute: l'utente alza la cornetta e non risponde alcun operatore, vi è silenzio perchè la telefonata è partita automaticamente da un software per permettere il maggior numero di chiamate, a seguito della quale, se nel frattempo nessun operatore si libera, la telefonata cade.
Il Garante per la  protezione dei dati personali prescriveva a Enel Energia l'adozione di  misure atte a garantire che il sistema Saas impedisse la reiterazione di chiamate su contatto  abbattuto (cd. chiamate "mute"): escludendo la  possibilità di richiamare la specifica utenza per un  intervallo di tempo pari almeno a trenta giorni. Enel Energia ricorreva.
La decisione
L'art. 7 della Direttiva CE 95/46 non può essere ostativa dell'art. 11 del cod. della privacy, a  tenore del quale i dati personali oggetto di trattamento  debbono essere (a) trattati in modo lecito e secondo  correttezza; (b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, e utilizzati in altre  operazioni del trattamento in termini compatibili con  tali scopi; (c) esatti e, se necessario, aggiornati; (d)  pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle  finalità per le quali sono raccolti o successivamente  trattati; (e) conservati in una forma che consenta  l'identificazione dell'interessato per un periodo di   tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i  quali essi sono stati raccolti o successivamente  trattati.  
Le chiamate mute sono scorrette nella modalità perchè mirano a  ottimizzare il successo delle chiamate passate agli  operatori facendo ricadere il rischio, e il disagio,  della chiamata "muta" sui soli destinatari.  E' stato infatti più volte affermato dal Supremo Collegio che, ai sensi degli  artt. 4 e 11 del codice della privacy, i dati personali  oggetto di trattamento vanno poi gestiti rispettando i canoni della correttezza, pertinenza e non eccedenza  rispetto alle finalità del loro utilizzo (Sezioni Unite n. 3033-11, nonché,  Sez. I n.  18443-13). E una particolare efficacia in senso  confermativo della non correttezza del trattamento si estrapola dalle chiamate multiple (modalità cd. predictive) implicante chiamate inviate dal sistema, tenendo conto delle  telefonate  fallite laddove  non si  fosse trovato  immediatamente disponibile un corrispondente operatore.  Se ne desume che il destinatario, proprio in  considerazione della prescelta modalità, è esposto al  rischio di non ricevere risposta alla chiamata. 
Una ulteriore ragione di illeceità risiede nella violazione degli artt. 129 e 130 del codice della privacy che consentono trattamenti dei dati solo con il consenso dell'interessato.  Non vale ritenere che il consenso, in base al comma 3-  bis dell'art. 130, non sia richiesto in chi sia iscritto negli elenchi degli  abbonati ai servizi di telefonia e non abbia esercitato  il diritto di opposizione con modalità semplificate e anche in via telematica, mediante iscrizione della relativa numerazione nell'apposito registro pubblico  delle opposizioni (cd. opt-out: il destinatario della pubblicità ha la possibilità di opporsi ad invii futuri).
Infatti, l'art. 130, comma 3-bis va interpretato in coerenza con la  direttiva comunitaria 2002/58-CE sull'e-privacy, la  quale, concepita per rispettare le esigenze delle  tecnologie digitali, completa la direttiva sulla  protezione dei dati personali e comprende tutte le  tematiche di potenziale interesse per la sfera privata  nell'ambito delle comunicazioni elettroniche.
In particolare la soluzione opt-out  (opzione di  esclusione), poi recepita dall'art. 130, comma 3-bis del  codice, è stata dalla direttiva ipotizzata (v. art. 13,  30 comma) solo con riferimento alle chiamate con  operatore.  In pratica, la direttiva comunitaria 2002/58-CE consente  l'opt-out per le chiamate con operatore, non mai invece  per le chiamate automatizzate.  In ultima analisi, rimane legittimo il trattamento  del dato personale tratto da elenchi solo in quanto gli  elenchi siano pubblici, come non è - invece - per il caso  della telefonia mobile.
La Corte, così, detta il suo principio testualmente: "in conformità alla direttiva  comunitaria n. 2002/58-CE, relativa alla vita privata e  alle comunicazioni elettroniche, l'art. 130, coma 3-bis,  del cod. della privacy, che consente, in deroga al  principio del consenso espresso previsto dall'art. 129, 20 comma, il trattamento dei dati personali mediante l'impiego del telefono per le comunicazioni di natura  commerciale nei confronti di chi non abbia esercitato il  diritto di opposizione mediante iscrizione della propria numerazione nel registro pubblico delle opposizioni (cd.  opt-out), non trova applicazione nel caso in cui l'autore  del trattamento abbia inviato telefonate senza operatore (cd. telefonate con contatto abbattuto o "mute") né in quello in cui l'utenza chiamata non risulti inserita in  uno degli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico di cui all'art. 129, 1 0 coma, del codice (come per esempio avviene per i telefoni cellulari)".