L'art. 183 bis c.p.c., predispone che nelle cause dove si giudica a composizione monocratica, valutata la complessità della lite e dell’istruzione probatoria, il Giudice può disporre il mutamento del rito da cognizione piena a sommario.
Il Tribunale di Vercelli ha ritenuto che questa regola dovesse applicarsi anche alle cause di opposizione a decreto ingiuntivo.
In particolare, a fronte di un’opposizione a decreto ingiuntivo, fondata sull’interpretazione di una clausola contrattuale, il Giudice Istruttore decideva di mutare il rito, ben argomentando le proprie motivazioni.
Anzitutto il Tribunale si è domandato (pur in assenza di precedenti di merito specifici) se fosse ammissibile l'opposizione a decreto ingiuntivo introdotta con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., e non con atto di citazione.
La risposta deve essere affermativa.
In primo luogo, il Giudice rilevava che il dato letterale di cui all'art. 645 c.p.c.(“l'opposizione si propone […] con atto di citazione”; “in seguito all'opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario”), era solo apparentemente ostativo.
A parere del Tribunale la disposizione infatti era rimasta tale solo in forza di un difetto di coordinamento, probabilmente ritenuto superfluo, rispetto alla riforma del 2009 che introdusse il rito sommario; inoltre, rilevava che la ratio dell'art. 645 c.p.c., più che sullo stabilire la forma dell'opposizione, si incentrava sulla necessità di garantire alla parte ingiunta un procedimento di opposizione caratterizzato da cognizione e garanzie piene, ciò che – a ben vedere – veniva in ogni caso assicurato anche in caso di procedimento di cui all'art.702-bis c.p.c., ove, la “sommarietà” riguarda l'istruzione in senso stretto, e non l'accertamento o il contraddittorio.
Rilevava ancora che, l'ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione partecipa della stessa idoneità al giudicato, formale e sostanziale, che contraddistingue la sentenza.
Infine, anche analizzando la giurisprudenza di merito che ritiene che la declaratoria di incompetenza del decreto ingiuntivo debba essere pronunciata con sentenza dal giudice dell’opposizione e non con ordinanza (sbocco necessitato del procedimento sommario di cognizione), non ravvisava ragioni ostative all’applicazione del rito sommario anche alle cause di opposizione a decreto ingiuntivo.
Infatti la ratio di questa corrente giurisprudenziale, a parere della Corte adita, era quella di garantire il procedimento a cognizione piena, perché alla pronuncia sulla competenza segue sempre una inevitabile decisione anche sul merito, tanto dell'opposizione (nel senso dell'accoglimento), quanto del decreto opposto (nel senso del suo annullamento), rendendosi perciò – e solo perciò - necessaria la pronuncia di sentenza.
Anche alla luce di tale ultimo rilievo, dunque, non vi era ragione per escludere a che il procedimento di opposizione potesse essere definito con ordinanza ex art. 702-terc.p.c.
Infine, tornando più specificamente alla questione relativa al nuovo art. 183-bis c.p.c., visto l’intento acceleratorio (più che deflattivo) ambìto dal Legislatore, dei tempi celeri legati al procedimento sommario, sia riguardo alla trattazione, che alla fase decisoria, e del fatto che esso sia uno strumento ad hoc per le cause meno complesse (tra le quali rientrano spesso le opposizioni a decreto ingiuntivo incardinate a fini defatigatori o dilatori.
Per tutti questi motivi riteneva astrattamente applicabile al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la norma di cui all'art. 183-bis c.p.c.