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Calciatori professionisti: cessione del transfer e contratto di lavoro sono collegati

  Pubblicato il 20 Nov 2015  10:40
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza 04/11/2015 n° 22513
Il contratto di cessione del transfer internazionale, intercorso tra due società sportive, ed il contratto di lavoro subordinato stipulato tra calciatore e società sportiva, debbono considerarsi tra loro collegati in senso genetico e funzionale, per cui l’eventuale inefficacia o invalidità del primo contratto si estenderà anche al collegato contratto di lavoro subordinato.
Questo il principio di diritto elaborato dalla Suprema Corte a definizione della vertenza oggetto della sentenza in esame.
Nel caso de quo, una società sportiva romana aveva stipulato due contratti, rispettivamente con un calciatore argentino e con il Club di provenienza del medesimo, “nel quale fu espressamente previsto che l'accordo d'acquisto e la vendita del transfer internazionale del calciatore era subordinato alla prova documentale che quest'ultimo avesse la nazionalità italiana”. Tuttavia, a seguito del coinvolgimento del calciatore in una vicenda penale, emergeva la falsità dei documenti attestanti la cittadinanza italiana del calciatore e, conseguentemente, la società sportiva decideva di non ammetterlo agli allenamenti e di non retribuirlo.
I giudici di primo e secondo grado rigettavano l'impugnazione del calciatore dopo aver rilevato che “se, per un verso, non poteva porsi in dubbio l'autonomia dei due contratti, d'altro canto, era pur vero che gli stessi erano collegati tra loro, essendo unico l'interesse perseguito dai contraenti, sia pure attraverso la pluralità dei contratti…Pertanto, non essendosi avverata la condizione sospensiva del possesso della cittadinanza italiana, prevista dal contratto intercorso tra le due associazioni sportive…un tale vizio era destinato a riverberare i suoi effetti sul contratto stipulato da quest'ultimo con la società sportiva romana”.
Il ricorrente ha, tuttavia, censurato in Cassazione il ravvisato collegamento tra l'accordo di compravendita del transfer internazionale ed il contratto per prestazione sportiva professionale e ha sostenuto l’autonomia di tali rapporti, sia dal punto di vista soggettivo che di contenuto.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha invece confermato l’esistenza di un collegamento negoziale sia genetico che funzionale tra i contratti in questione, “in quanto dalle risultanze processuali è risultato che al primo contratto riguardante la compravendita del transfer internazionale del calciatore argentino era seguito un altro autonomo contratto tra il suddetto calciatore e la società sportiva romana, avente ad oggetto la stipula di un contratto di lavoro subordinato della durata quinquennale tra detta società e lo sportivo professionista. Il tutto in attuazione di un'operazione di natura sicuramente economica anche in ragione dell'ingente corrispettivo concordato tra la società ed il giocatore (circa 40 miliardi) per le pattuite prestazioni agonistiche nei campionati nazionali di calcio”.
Pertanto, ha concluso la Corte, “nella successione dei due contratti in esame assume un decisivo rilievo causale il possesso della cittadinanza italiana del calciatore, perché si configura come condizione necessaria per la piena utilizzazione delle sue prestazioni agonistiche da parte della società calcistica romana. La provata inesistenza di tale possesso si traduce quindi - come ha sul punto correttamente statuito il giudice d'appello - in una causa di invalidità del primo contratto con una consequenziale ricaduta di analoga portata sul secondo negozio, anche in ragione della violazione delle norme regolamentari della Federazione per finalità comune a quelle del CONI perché volte a garantire interessi della intera collettività, quali quelli al trasparente esercizio dello sport anche sul versante degli interessi economici coinvolti”.